Roma, 9 giu. (askanews) – “L’eutanasia torna a farsi presente nella provocazione pubblica di chi la vuole legittimare a tutti i costi, anticipando e scavalcando il Codice penale, la Corte Costituzionale, il Parlamento; il tutto in modo incalzante, continuo. Si ricomincia con la narrazione dei casi drammatici di persone che sembrano desiderare la morte più di qualsiasi altra cosa al mondo. Persone per cui il morire è diventata, paradossalmente, l’unica ragione di vivere. Oggi è il caso di Fabio Ridolfi, immobilizzato a letto da 18 anni, dopo un brutto incidente di macchina di cui è rimasto vittima quando aveva appena 30 anni. Con un video, servendosi di un puntatore oculare a letto, ha ricordato che: ‘Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda’. Il caso di Fabio Ridolfi sottolinea la mancata applicazione delle cure palliative, unico mezzo per contrastare l’eutanasia”. Lo afferma Paola Binetti, senatrice dell’Udc. “Ma poi Fabio aggiunge due cose nel suo messaggio, scritto con l’aiuto del puntatore oculare. La prima riguarda la necessità che in Italia si parli chiaramente di eutanasia; la seconda è che scegliere di morire è un diritto di tutti. E per questo spera che la sua vita e la sua storia servano ad aiutare gli altri. Chissà come sarebbero andate le cose per lui se avesse avuto vicino un buon palliativista e una buona rete di cure palliative. Qualcuno che lo avesse aiutato a mitigare il suo dolore, a prevenire il suo suicidio. Perché questa è la vera alternativa alla morte volontaria medicalmente assistita di cui tratta la legge, così intensamente voluta dai fautori dell’eutanasia. Fabio, che pure ha una famiglia che gli dispiace lasciare e a cui sa che dispiacere lasciarlo andar via, non è affatto ignorato dallo Stato”, aggiunge. “Lo Stato non lo costringe crudelmente ad una sofferenza continua. Gli offre però cose diverse da quelle proposte da Cappato: una esperienza di cure palliative, a casa o in Hospice, che hanno contribuito a riconciliare con la vita tutti coloro che le hanno sperimentate; il supporto di una terapia efficace contro il dolore e gli affetti familiari di cui comunque sta facendo esperienza. La richiesta eutanasica in chi sta facendo cure palliative è inferiore all’1%”, conclude Binetti.