Covid 19: Road map per sconfiggere definitivamente il virus di Antonio Cisternino, Medico-Chirurgo Responsabile nazionale Sanità UDC
Nella lotta concreta contro il Sars-Covid 19 chiari devono essere gli obiettivi e le strategie per ottenere risultati in tempi brevi. Il vaccino e l’alternanza di un Italia a colori non potranno essere da soli la linea dura di efficacia di trattamento contro il Sars-Covid19. Bisogna lavorare su una prospettiva di lavoro a più largo raggio (reale ed efficace nella integrazione organizzata fra ospedali e proprio territorio) e fare una rigorosa tabella di marcia (Road Map) per obiettivi, risultati e prospettive di realizzazione per dare alla Gente una time-line di inizio e fine lavori. Dall’inizio della pandemia è stata evidente la difficoltà di poter attuare i fondamentali della base biomedica per combattere il contagio di una malattia come il Covid. Le malattie contagiose sono nate con l’uomo, quindi qualche migliaio di secoli fa e, seppur con diversità di strumenti e modalità di trattamento nel tempo, i principi che hanno ispirato le cure sono sempre stati gli stessi. In primis l’isolamento perché il contagio ha sempre terrorizzato l’uomo. Basti pensare che culture tribali ancora esistenti, al malcapitato paziente di turno, vuoi con malattia infettiva che con malformazioni corporee, viene destinato un allontanamento perenne dalla tribù o ancor peggio il suo proprio sacrificio. Il Sars-Covid 19 provoca una seria malattia contagiosa ma per fortuna con bassa letalità (basti pensare solo a quanto più letali sono morbillo, varicella e vaiolo). Quando arriva una malattia contagiosa quasi sempre ci sono due tipi di pazienti: quello sintomatico (su cui è facile diagnosi) e quello asintomatico (il più pericoloso). Il Sars-Covid 19, per i suoi effetti pandemici e per la elevata popolarizzazione mediatica ottenuta, ha elevato anche culturalmente il livello medio delle popolazioni, perché ognuno di noi conosce bene l’essenziale “kit” di autodifesa (mascherina, mani pulite, distanziamento personale, aerazione degli ambienti). Se prendiamo l’esempio di un paziente affetto da epatite (ad alto rischio di contagio) si deve immediatamente isolarlo nel reparto di malattie infettive e per un gran numero di giorni fino a negativizzazione del contagio. In questo caso viene effettuato un vero isolamento. I numeri della pandemia da Covid sono certamente superiori all’esempio precedente ma i criteri di approccio medico-sanitario restano gli stessi. Quindi fatta la diagnosi, o sul sintomatico o sul paziente asintomatico, entrambi, seppur in luoghi diversi vanno isolati dalle persone sane. La separazione di Aree Covid da Aree non-Covid, stante l’alta contagiosità del Sars-Covid 19, deve essere assoluta e non fittizia. Nell’Ospedale che ospita pazienti Covid positivi i pazienti sani non ci devono andare, per la reale possibilità di contagio. Infatti anche il solo personale medico infermieristico, pur con tutte le attenzioni nell’uso dei dispositivi di protezione, corre sempre un rischio di contagio proprio per la lunga esposizione nel tempo in un ambiente cosiddetto “sporco”. Quindi la divisione degli Ospedali in Ospedali Covid e Ospedali non Covid resta fondamentale. Inoltre poiché la cura del 90% dei pazienti Covid non richiederà l’uso della terapia intensiva ma ossigeno terapia, terapia cortisonica, antibiotica, antivirale e qualche altro supporto farmacologico, i tanti Ospedali delle ASL sparsi nel Territorio sarebbero egregiamente in grado di curare tali pazienti. Invece la involontaria ma necessaria promiscuità in uno stesso Ospedale potrà rendere positivo un paziente ospedalizzato che non lo era. Già a tanti è successo e ad alcuni di loro con l’esito peggiore, il decesso. Quindi un lavoro fondamentale, politico sanitario regionale, deve prevedere la riorganizzazione territoriale dei propri Ospedali per definire la esatta collocazione dei pazienti. Questo lavoro di appropriatezza di allocazione è stato sempre fatto e non è lontano il ricordo della Tubercolosi, che aveva come luoghi di cura gli Ospedali dedicati, chiamati Sanatori. Allo stesso modo il paziente positivo asintomatico dovrà essere trattato come un paziente vero e come tale, anche se non bisognoso di cure medico-farmacologiche, dovrà espletare la sua quarantena di isolamento, fiduciaria o non, in un’altra struttura dedicata (Covid-Hotel o altro) per evitare il ritorno a casa o in comunità ed il rischio elevato di moltiplicare il contagio. Ancora, la Scuola che attua il controllo con tamponi o altri test affidabili a tutti i suoi alunni, allontanando immediatamente i positivi, perché mai deve essere sospesa? Si obietterà che la fonte di contagio scolastico sono i trasporti. Anche qui un problema complesso ma con le sue soluzioni. Personale di trasporto sottoposto regolarmente a screening per Covid, pullman scolastico organizzato per quartiere impedendo a genitori, badanti e altri di portare i bambini a scuola. E nelle grandi città, dove bisogna di necessità utilizzare i mezzi pubblici, che parte di questi siano predisposti per i soli ragazzi a scuola nelle fasce orarie previste e non per l’uso promiscuo. Ovvio che un margine di rischio si correrebbe comunque ma ogni buona norma anticontagio, se regolarmente attuata, può aiutare nel tempo ad avere un territorio più tracciato e pulito. Questo atteggiamento di tutela vale anche per molte altre attività oggi ferme, come la ristorazione o diversi altri esercizi obbligatoriamente chiusi. Ed un’alternanza ravvicinata di zone gialle, gialle forzate, arancione e rosse porta a situazioni non chiare sia per le persone che per esercenti senza lavoro già in un tunnel senza luce. Altra strategia di sicuro successo rimane come in tanti ambiti di lavoro della nostra società moderna la Comunicazione, che dovrà essere una sola, fatta dalle autorità preposte in modo chiaro abolendo lo sciame mediatico dei vari scienziati negli innumerevoli talk-show televisivi, uno stillicidio che obnubila la mente delle persone. Inoltre siamo in Europa, ormai è il territorio in cui viviamo in modo allargato. Anche qui una strategia sanitaria a più largo raggio sarebbe auspicabile, condividendo esperienze fra i vari Comitati tecnico-scientifici (CTS) di tutti gli Stati membri per ottimizzare la lettura dei dati epidemiologici giornalieri di contagio, le verifiche dei dati di mortalità per i soli veri morti per corona virus. Importante la correlazione per patologie e numero dei morti con i dati ordinari degli anni precedenti. Ancora, il vaccino per fortuna è arrivato; ma il vaccino è un farmaco, dal quale ci aspettiamo certamente una potente forza terapeutica. Ma da solo non sarà in grado di sconfiggere il virus se non inserito in un contesto organizzativo che tenda idealmente a creare due compartimenti ben separati: un’area completamente Covid (infetta e contagiosa) da un’area non-Covid (non a rischio contagio e dove le persone possono continuare i loro percorsi di cura) in un Territorio attrezzato per il contagio e organizzato per le cure. Le USCA (unità sanitaria di continuità assistenziale) non sono mai decollate. Nel mio ambito chirurgico, il successo va pianificato a tavolino prima di operare il paziente. Saggiamente i vecchi che ci hanno tramandato il mestiere dicevano: buona incisione mezza operazione. Il Covid si può sconfiggere, ma il successo tattico organizzativo e comunicativo per l’uso degli strumenti a nostra disposizione deve far parte di una strategia di lavoro (Road map) che dovrà essere già vincente a tavolino. E tutte le strategie di cura e prevenzione anticovid dovranno essere attuate senza il blocco della catena industriale, fondamentale per la produttività sostenibile del Paese.
Antonio Cisternino
Medico-Chirurgo Responsabile nazionale Sanità UDC
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