È allarme sociale il mancato trattamento dei pazienti ad alta complessità non Covid – Antonio Cisternino
Sono un numero compreso tra seicentomila e un milione le Persone italiane affette da patologie ad alta complessità Non-Covid che restano fuori dagli Ospedali in attesa di trattamenti sanitari adeguati. Molti di questi sono interventi chirurgici. Il tumore, le patologie cardio-vascolari, ed altre patologie ancora, non si arrestano in attesa che si trovi una cura efficace contro il Covid-19. Quindi molte persone che avevano diverse prospettive di vita con cure tempestive, oggi hanno visto drasticamente diminuire la loro sopravvivenza. L’impegno delle strategie sanitarie del Governo e delle Regioni restano innegabili ma solo su un fronte: quello Covid. Tutti noi operatori sanitari siamo sottoposti ad un impegno giornaliero continuo ed usurante atto a tamponare le paure dei pazienti Non-Covid in attesa di ricovero a cui molto spesso dopo alcune telefonate, lettura dei loro messaggi, referti inviati via mail, WhatsApp, Instagram, somministriamo cure telefoniche con responsabilità medico–legali enormi. E nessun provvedimento governativo ha depenalizzato l’attività medica esercitata in tempo di Covid.
I Pazienti hanno coscienza e responsabilità nel comprendere quello che sta accadendo e quindi, tolleranti, aspettano a casa soffrendo, la chiamata per ricovero. Le ansie familiari ad alta pressione sui Medici e Centri di prenotazione ospedalieri. I tempi di ricovero sono dilatati e giustificati dalla riduzione dei posti letto negli ospedali per attuare il distanziamento personale anti-contagio voluto dagli Atti governativi fino, come già avvenuto, alla possibile sospensione dell’attività di ricovero in caso di un altro travolgente periodo di alta contagiosità sintomatica.
Ed ancora, ogni giorno ascoltando qualsiasi fonte di informazione mediatica, sembra che la soluzione a tutti questi nostri problemi sia solo una questione di soldi, per comprare quelle risorse necessarie a coprire il fabbisogno crescente di prestazioni che i percorsi Covid richiedono. Sembra una partita di tennis senza fine tra Recovery Fund e Mes con la dialettica politica del perché il nostro Governo non è ancora in grado di liberare tutte le risorse dell’ex art.20. Blocchi decisionali che si consumano sulla salute della Gente. Ecco quindi che nell’attesa delle risorse economiche europee ogni Regione prepara ciclopici programmi di investimento, di implementazione di tecnologie sanitarie, centri ospedalieri ad alte complessità di cura. E la Rete scientifica e della solidarietà che in questi casi ha valore e che può generare risposte sensibili ed etiche a questi gravi problemi di salute, finisce per diventare un meschino terreno di competizione fra Regioni o Presidenti di Regioni per un federalismo sanitario che ha nelle sue corde la mobilità sanitaria. L’obiettivo federativo è fare in modo che le Persone siano attratte da Regioni tecnologicamente più attrezzate. Così parole come Telemedicina, teleassistenza, sanità digitale sembra siano le medicine primarie di cui abbiamo bisogno per la cura delle persone in tempo di Covid.
Rallentiamo questa corsa e riflettiamo con orizzonti più larghi. Potremmo anche aver bisogno di decisioni più semplici. Se la mascherina, la distanza personale e l’igiene delle mani sono cose ritenute fondamentali, parimenti, e credo di maggiore efficacia, la svolta organizzativa del vero cambiamento potrebbe essere “la separazione netta ed immediata degli Ospedali in Strutture Covid, per l’isolamento dei pazienti infetti, ed Ospedali non-Covid” per dare continuità’ di cura a pazienti Non-Covid. Bisogna uscire quanto prima dalla misticanza del tutto insieme. A volte la separazione di percorso Covid da Non-Covid è costituita solo da un nastro per terra o da una cordicella. Una quantità rilevante di personale sanitario resta a casa perché si infetta in Ospedale o deve comunque restare a casa per osservare quarantene di tutela. Rischiamo di non avere più personale sanitario.
Eppure la storia della medicina porterebbe alla mente esperienze virtuose del passato pur con le minori solidità economiche di allora. L’esperienza del secolo scorso, come la istituzione dei Sanatori dagli Ospedali normali per la cura efficace della Tubercolosi, potrebbe esserne ancora oggi un buon esempio di buone cure per la contagiosità. Inoltre, gli strateghi delle attuali politiche sanitarie, spesso non medici o con competenze mediche non cliniche, devono costituire una solida alleanza virtuosa con i soldati in trincea, ovvero con i Medici e personale sanitario che vive l’anima del bisogno sanitario cogente. E con l’impegno di tutti diamo forza sanitaria al Territorio.
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